Nella mia intervista che oggi ha pubblicato il Corriere della Sera con il titolo sono andati giù a gamba tesa ma le parole ci sono tutte. E me le prendo tutte (so che non va di moda, che sarebbe da dire che sono stato frainteso e che sono le regole della stampa). Mi è stato chiesto se mi prendo la responsabilità delle istanze di un nutrito gruppo di persone che vorrebbero vedere alcuni dei loro punti nell’agenda prossima del centrosinistra in Lombardia e ho risposto sì. E risponderei di sì in qualsiasi minuto in cui mi ritrovo a “fare” la politica con la responsabilità di essere portatore di un modo e di un pensiero. E credo che la campagna elettorale per la Lombardia dovrebbe essere qualcosa di più dell’attesa che il prossimo faccendiere ci racconti del formigonismo le stesse cose che sentiamo da anni. Perché ogni tanto mi viene il dubbio che lo scopo sia quello di trovare (come sul piano nazionale) la formula algebrica di sigle e partiti per spuntarla possibilmente di poco per non avere troppe responsabilità e perché non è credibile proporre persone più etiche in un sistema che è antisociale nella concezione e nei meccanismi. Perché il cambiamento non si professa ma si pratica e perché in fondo già stamattina avevo spiegato il mio pensiero che è tutto politico nel senso più pieno.
Quindi potete stare tranquilli: qui non c’è in gioco la candidatura di un cognome (di questi tempi di derive personalistiche, poi), non ci interessa e non è importante, ma c’è un cambiamento che si costruisce già da un po’ mentre in Aula si fotografa la Minetti o si aspetta la prossima boutade di Formigoni. E non ci sono strategie intelligentissime di erosione sotterranea: semplicemente abbiamo le idee chiare e dal preoccuparci vogliamo essere affidabili per occuparci, della Lombardia. Chi annaspa con gli sms per ipotizzare gli scenari gioca ad un’altra cosa, ci si preoccupi del cantiere per il programma del centrosinistra e di stabilire le regole, piuttosto.