In una nuova distopia profetica, L’ultimo Testamento, Giulio Cavalli descrive un mondo privato di sensibilità dove i cittadini sono robotizzati per essere meglio governabili
Immaginiamo un paese dove i sentimenti non sarebbero più in corso, lo Stato inoculando ai cittadini, dalla nascita, “un vaccino che impedisce loro di esprimere le loro idee, la loro personalità e le loro inclinazioni, instaurando di fatto una dittatura che trae vantaggio da un popolo assonnato incapace di rendersi conto della sua letargia, e permettendo al governo di sopprimere ogni possibilità di scambio democratico”. Amorfo, atrofizzato, appiattito, questa nazione ha perso fino alla nozione di libertà incondizionata. Tutte le forme estetiche sono state smussate o cancellate per anestetizzare gli spiriti; la sensibilità si è attenuata così tanto nel corso degli anni che abbiamo dimenticato la musica e i libri, quei “testi che raccontavano altri mondi”. La vitalità e l’immaginazione sono vietate; ad ogni cittadino viene assegnato un coniuge per un tempo limitato, per scopi strettamente procreativi, e i bambini sono curati da un Centro speciale dove sono “svezzati, svezzati, istruiti, nutriti, vestiti, istruiti, rimproverati, iniziati alle esperienze affettive e sessuali e poi promossi o bocciati”. Abbiamo istituito una nomenclatura per
comunicare le sensazioni e si ricorre a una scala digitale per parlare degli stati d’animo.
Questo paese sanificato, amputato delle sue emozioni e controllato da un vaccino, Giulio Cavalli lo chiaddeò DF, un acronimo che dà molte interpretazioni, sia in francese che in italiano. Il suo presidente, Andrea Bussoli, assicura il mantenimento dell’ordine attraverso una ‘polizia affettiva’, ma un focolaio di resistenza si diffonde in clandestinità a favore del contrabbando. Refrattari alle amicizie ‘robotizzate’, ricoverati a causa di una ‘retenzione affettiva fallita’, i ‘malati seriali’ si ribellano al ‘genocidio emotivo’ di questo regime spartano costituendo Brigate sentimentali che organizzano attentati. Grazie a un antidoto al vaccino, provano dubbi, rabbia e indignazione. Sebbene considerati terroristi, questi eccentrici ottengono di poter discutere in televisione con il presidente che concede loro un referendum sul diritto all’empatia.
Sia divertente che inquietante, il paradigma suggerito dal romanziere italiano ricorda gli anni di piombo e l’era berlusconiana, ma anche la propaganda paranoica delle politiche di contenimento a cui hanno portato le recenti crisi sanitarie. Di capitolo in capitolo, questo romanzo di anticipazione densa e fluida si diffonde come una profezia intrisa di una visione sovversiva la cui portata evoca classici come Fahrenheit 451 di Ray Bradbury o L’arancia meccanica di Anthony Burgess. Le sue molle retoriche sono l’iperbole e l’ironia, ma l’esito, che era già quello di La voce della luna, l’ultimo film di Federico Fellini, rimane comunque pessimista: “I cittadini di DF erano solo un mucchio di idioti e cosa ci si può aspettare da un popolo peloso che vede la sicurezza nella speranza che nulla si muova intorno a lui? »
L’Ultimo Testamento di Giulio Cavalli, romanzo tradotto dall’italiano da Lise Caillat, alle Edizioni dell’Osservatorio, maggiori informazioni