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Tutto si tace, spento, come un corpo in fondo al mare

Il macabro anniversario della strage di Stato a Steccato di Cutro si celebra a 110 miglia dalle coste della Calabria dove una barca a vela partita dalla Turchia rovesciandosi ha vomitato in mare 66 persone che risultano disperse. 26 erano bambini. Arrivavano dall’Iran, dalla Siria e dal Pakistan. Gli 11 sopravvissuti sbarcati a Roccella Jonica raccontano che la nave imbarcava acqua  da giorni. 

Sempre ieri una Ong ha soccorso 64 persone al largo di Lampedusa. 10 sono morte soffocate rinchiuse nel ponte. Le altre sono state liberate a colpi d’ascia. Per questo 2024 siamo a 920 tra morti e dispersi nel Mediterraneo, sono 5 cadaveri al giorno che galleggiano nella rotta più letale del mondo. 

Al sontuoso G7 nella Puglia di cartapesta di qualche giorno fa i “grandi della terra” hanno cianciato di «prevenire e contrastare il traffico di migranti». È la formula vigliacca di chi non ha il coraggio di ammettere la voglia di fortezza. A nessuno di loro – come accade a Bruxelles – viene in mente l’ipotesi di rafforzare i soccorsi in mare. 

Salvare le persone è un tema secondario. Lo sforzo sta tutto nel trovare formule linguistiche nuove per abilitare l’orrore, naturalizzarlo, renderlo inevitabile. E ogni volta che ne muoiono le parole perdono senso, si infragiliscono, accendono meno sdegno, smuovono un lutto slavato. 

È la cosiddetta resilienza che auspicano i poteri: piegarsi narcotizzati di fronte agli eventi, allargando le braccia come massimo gesto di resistenza. Tutto si tace, spento, come un corpo in fondo al mare. 

Buon martedì. 

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