Ettore era un bambino di 35 giorni che è morto perché è nato nella regione sbagliata. In un’altra regione avrebbero diagnosticato e curato la sua malattia, la Sma, l’atrofia muscolare spinale dalla perdita dei motoneuroni, ovvero quei neuroni che trasportano i segnali dal sistema nervoso centrale ai muscoli, controllandone il movimento. Per quella malattia esiste una terapia che permette uno sviluppo motorio uguale agli altri bambini, basta diagnosticarla precocemente con un semplice esame che consiste nel prelievo di qualche goccia di sangue dal tallone del neonato. Oggi grazie a ben tre diverse terapie, tutte efficaci, si possono diagnosticare e curare bambini che vivono una vita normale.
La storia di Ettore e i diritti negati
Nei progetti pilota della Regione Lazio e della regione Toscana i 18 bambini affetti da Sma oggi stanno bene. Ettore era nato lo scorso 3 ottobre all’ospedale di Santorso, in provincia di Vicenza, poi è stato trasferito a Padova e qui è morto lo scorso 6 novembre. “Ci sentiamo affranti, addolorati, sconfitti, traditi dal nostro Stato, ma anche molto molto arrabbiati”, scrive Anita Pallara presidente di FamiglieSMA associazione di genitori e persone affette da SMA che da oltre 10 anni è in prima linea per migliorare la qualità della vita e garantire le migliori cure possibili alle persone affette da questa malattia: “Nessuno può dire che non sapeva, questa situazione viene denunciata da anni, sui giornali, nei convegni, in incontri di persona con sottosegretari e tecnici del Ministero della Salute, e c’è anche una fila lunghissima di interrogazioni parlamentari alle quali il Ministero ha più volte risposto che ‘è questione di tempo’, una cantilena di morte che va avanti da più di due anni, perché di fronte alla SMA perdere tempo significa perdere vita”.
Bisogna avere il coraggio di raccontare perché Ettore è morto: per un Decreto di aggiornamento della Legge 167/2016 che – dice Pallara – “lo Stato da oltre due anni tiene fermo nei cassetti del Ministero della Salute”. La Sma infatti sulla carta dovrebbe già essere oggetto di screening in tutta Italia come si legge nell’emendamento Volpi del 2018 alla Legge 167/2016 (detta “Legge Taverna”), estendendo lo screening anche alle malattie neuromuscolari.
Il 13 febbraio del 2020 l’emendamento della deputata Lisa Noja, di Italia Viva, aveva stabilito un termine certo per l’aggiornamento degli screening neonatali, un passo indispensabile per includere nel panel anche malattie neuromuscolari, immunodeficienze congenite severe e malattie da accumulo lisosomiale. Il tavolo tecnico si è insediato a fine 2020 e a maggio 2021 ha concluso i suoi lavori.
C’è tutto quello che serve, manca solo la firma, che ancora non arriva. Come racconta il settimanale Vita, specialista nel Terzo settore, sono 9 le regioni in cui ad oggi lo screening per la Sma viene proposto e la Puglia è la sola regione in cui è obbligatorio per tutti i neonati: alcune Asl, anche nelle regioni che non hanno lo screening, hanno avviato dei progetti pilota ma solo l’approvazione del decreto a livello nazionale può eliminare le disuguaglianze nell’accesso a questa opportunità che davvero può fare la differenza tra la vita e le morte di un bambino.
Colpevole ritardo
“Noi non possiamo più attendere una firma che non arriva per mancanza di volontà, – dice l’associazione FamiglieSMA – e questioni che nulla hanno a che fare con la sacralità della vita e il diritto costituzionale alla salute dei cittadini. È ora che le istituzioni si prendano le loro responsabilità e agiscano. Ci hanno dimostrato che i decreti possono uscire in una manciata di giorni, ora vogliamo vedere la stessa cosa: pretendiamo che il decreto venga firmato immediatamente e diventi legge dello Stato con applicazione immediata”. Intanto Ettore è morto.
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