Antonio Tajani, leader di Forza Italia, vorrebbe chiudere la questione perché si trarrebbero di “parole di un privato cittadino”, come se la verità assumesse credibilità in base alla provenienza. Le parole di Giuliano Amato che in un’intervista a Repubblica sostiene che il DC-9 precipitato il 27 giugno 1980 durante il volo di linea Bologna-Palermo fu distrutto da un missile francese che avrebbe dovuto colpire il leader libico Gheddaffi confermano la testimonianza resa nel 2007 dall’ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga e validano la tesi di un altro “privato cittadino” che ci aveva visto giusto: il giornalista Andrea Purgatori.
Raccontano comunque un pezzo di storia già nota. La politica e la magistratura non sono riuscite a rompere il muro di gomma dell’apparato militare italiano che dopo i depistaggio del cedimento strutturale è stato tutt’altro che collaborativo con la magistratura italiana, mettendosi al servizio più delle difese degli imputati che dell’accertamento della verità.
La Francia da canto suo ha sostenuto per anni che che l’aeroporto di Solenzara in Corsica quel 27 giugno sarebbe stato “chiuso”. Una falsità porta aventi per anni prima di essere smascherata nelle indagini successive. L’unica bomba sull’aereo Itavia era il coagularsi di interessi militari che ha affondato 81 passeggeri e milioni di cittadini.
Forse sarebbe il momento di tenere in mente la regola aurea per arrivare alla verità: non cadere nel gioco di giudicare il testimone ma approfondire la testimonianza. Almeno 43 anni dopo. La storia la sapevano in molti, ora serve la pistola fumante.
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