L’epopea del generale Roberto Vannacci come specchio del Paese. Un misconosciuto generale si prodiga per scrivere un libro che è una filiera di luoghi comuni, di pregiudizi e di tesi antiscientifiche dal sapore omofobo e xenofobo. Noi siamo in quel tempo in cui mettere su carta le analisi che di solito si fanno al bancone del bar in privato – vergognandosene in pubblico – può trasformare qualcuno in celebrità.
Il generale Roberto Vannacci è diventato l’emblema – per qualcuno – della nuova egemonia culturale della destra
Il suo libro vende moltissimo. Anche questo è lo specchio del Paese: l’esibizione di idee squinternate che gridano al complotto o al politicamente corretto solletica gli sfinteri di chi sogna un mondo in cui si è liberi di essere cretini. Il ministro alla Difesa Guido Crosetto censura le tesi del generale. Così nel Paese in cui un dipendente pubblico qualsiasi ha bisogno di un plico di autorizzazioni per parlare con il giornale locale, il generale Vannacci imperversa su giornali e televisioni.
Diventa l’emblema – per qualcuno – della nuova egemonia culturale della destra che – per qualcuno – si traduce nel ripetere “negro”, “frocio” e poi ridere a crepapelle. Vannacci da direttore dell’istituto cartografico di Firenze viene nominato capo di stato maggiore delle forze operative terrestri a Roma. Il ministro che l’aveva censurato sottolinea che non si tratta di una promozione.
Matteo Salvini vorrebbe candidarlo per danneggiare i suoi alleati di governo. Qualche ora dopo si ha notizia dell’apertura di un’inchiesta per incitazione all’odio e alla discriminazione sul libro del generale. Lui è in licenza e conferma di pensare a una candidatura. Un condannato per eccesso di difesa intanto dice che “si rivolgerà a lui”. è già un referente politico.
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