Ha detto così Rosy Bindi riferendosi agli omosessuali mentre veniva contestata a Roma durante il suo intervento alla festa dell’Unità.
Voi.
Parlava a qualcuno a cui non appartiene. E non vuole appartenere. Come la maestrina che sa cosa è giusto e pretende di essere ringraziata per la pazienza che dimostra ascoltando i “sbagliati”.
Voi.
C’è un ponte levatoio e lo chiama dialettica pluralista. Ma le chiavi le ha solo lei.
Voi.
Come se non avessimo capito l’orrore di tutti questi ultimi anni quando sembrava buono e giusto dire che “anche voi avete i vostri diritti”, dimenticando che era già una discriminazione.
Voi.
Come dice bene Alessandro:
Un po’ come se, si parva licet, la questione delle leggi razziali nel ‘38 fosse stato un problema degli ebrei, e non di tutti gli italiani. Come se le discriminazioni contro i neri negli Stati Uniti, nella prima metà del secolo scorso, fosse stata una questione che riguardava solo i neri, e non tutti i cittadini americani.
E’ questo il grande solco che ci separa, signora Bindi.
Io credo invece di non potermi sentire davvero libero se liberi non sono tutti gli altri.
Proprio come – trasposto dai diritti civili a quelli sociali – non mi sento davvero felice di avere un lavoro e un reddito dignitoso se non ce l’hanno anche gli altri.
Che poi mi perdoni, signora Bindi, ma questo è proprio l’abc dell’essere di sinistra.
E poi ci vorrebbero insegnare la responsabilità di stare insieme. Per dire.