Una regione decapitata da intrallazzi e corruzione, che legano gli interessi del suo presidente regionale a quelli degli affaristi, non spinge alle urne nemmeno la metà degli elettori. Il primo, insindacabile dato delle elezioni regionali in Liguria è questo: nemmeno gli scandali riescono a far recuperare la tessera elettorale dal cassetto.
Quando la politica diventa un esercizio per politici, affezionati, iscritti e fedelissimi, il ripetersi delle stesse logiche diventa altamente probabile. Ma l’astensionismo non è solo un indicatore dello stato di salute della democrazia: è anche un suo esercizio. Insistere sul ritornello «se non votate vi meritate i politici che avete» è un gioco sciocco, un po’ classista.
Le elezioni in Liguria ci dicono, ad esempio, che un patteggiamento per corruzione può essere visto come un peccato veniale. Qualche giorno fa, ospite di una trasmissione televisiva, il giornalista de Il Fatto Quotidiano Gianni Barbacetto – uno che di corruzione se ne occupa da decenni – ha abbandonato lo studio perché trovava inaccettabile «essere costretto a sentire» l’ex presidente ligure Giovanni Toti, che «gli faceva la morale dopo aver patteggiato una pena a due anni e un mese per corruzione». Barbacetto ha spiegato che, nel patteggiamento, «il giudice ha l’obbligo di verificare se sussiste il proscioglimento, cioè se ritiene innocente la persona coinvolta, dopodiché accetta il patteggiamento».
Di fronte a quel gesto di ecologia civile di Barbacetto, molti hanno commentato che un giornalista avrebbe il dovere di rispettare le sentenze. Ma il punto è proprio questo: restituire la gravità di certe condotte. E su questo, il campo largo non esiste.
Buon martedì.
Nella foto: frame del video della conferenza stampa di Marco Bucci, 28 ottobre 2024